Commento di Raffaella Di Marzio a un recente caso di cronaca
Da diverso tempo i media, istigati dalla trasmissione Chi l'ha visto? si stanno occupando della storia di due giovani, che si sono allontanati da casa volontariamente, definendoli, senza alcun apparente motivo, "scomparsi": Alessandro e Stefano, che non si conoscono e che abitano in due diverse città, Sassuolo e Piacenza.
Il fatto che siano "scomparsi" è una pura invenzione, in quanto entrambi i giovani, maggiorenni, si sono allontanati dalla propria casa volontariamente. Alessandro è andato via di casa con uno zainetto in spalla il 5 dicembre 2020 senza dare spiegazioni, nonostante il padre abbia cercato di impedirglielo, e Stefano se n'è andato di casa nel febbraio 2021 lasciando un biglietto con queste parole “So che non capirete il mio gesto“.
Il 18 febbraio 2021 qualcuno, che evidentemente è spettatore assiduo di Chi l'ha visto? dice di aver visto i due giovani, vestiti in modo simile, alla stazione di Milano e li fotografa. Immediatamente i genitori di entrambi i ragazzi dichiarano che si tratta dei loro figli, meravigliandosi che i due stessero insieme perché non si conoscevano.
Come spiegare questa situazione? Per dare significato a questo puzzle, che ormai sembra pressoché completato, arrivano gli esperti che cominciano il loro pellegrinaggio di trasmissione in trasmissione, di rivista in rivista, rilasciando interviste e pareri legali per supportare il seguente teorema: i due, immortalati dalla foto alla stazione di Milano, in realtà si trovano nello stesso posto e sono vestiti nello stesso modo perché sono entrati nella stessa setta. La "diagnosi" è ancora più dettagliata perché gli esperti plurilaureati e pluridecorati illuminano di saggezza gli studi televisivi identificando perfino il tipo di setta che ha "accalappiato" le due giovani vittime: una psicosetta.
A sostegno di questo dotto parere ci sono due informazioni che provengono da una delle due madri: la prima è che suo figlio stava leggendo un libro: “Il potere del cervello quantico“, e la seconda è che spesso diceva di dover “imparare a crescere da solo“.
Secondo gli autorevoli esperti questi due elementi indicano con certezza che dietro alla "scomparsa" dei due giovani c'è una psicosetta plagiatrice che li ha manipolati mentalmente. Un pericolo che è in agguato ovunque, una sorta di "furto organizzato" dei nostri figli, ingenui, sprovveduti e imperfetti.
A questo punto, nel corso di innumerevoli interviste identiche a sé stesse, e in una quantità considerevole di riviste e testate online compare la notizia che perfino gli inquirenti hanno avanzato l’ipotesi che i due giovani siano stati manipolati mentalmente da una psico-setta.
Dopo mesi di panico morale e diffusione di notizie inventate finalmente oggi è arrivata la sorpresa: uno dei due giovani fotografato alla stazione di Milano si è riconosciuto e ha telefonato in trasmissione per spiegare chi è e che i due fotografati sono lui e un suo amico, non Stefano e Alessandro.
Ora sappiamo che i due non sono scomparsi, non si conoscono, non vestono nello stesso modo, non si sa dove siano andati e, soprattutto, non si comprende dove sia finita la psicosetta nella quale sarebbero stati plagiati. In realtà non esiste neanche quella.
Il 17 aprile 2021 il cadavere di Stefano Barilli viene ritrovato nel Po. Ha lasciato un biglietto nel quale manifestava la sua intenzione. Di Alessandro Venturelli, invece, andato via da casa il 5 Dicembre dopo una lite con i genitori, nessuna notizia.
Questo recente episodio dimostra come decenni di panici morali orchestrati ad arte non hanno insegnato nulla ai profeti di sventura che vedono in ogni scelta libera e consapevole un'offesa allo status quo, perché le persone devono essere tutte uguali e pensare tutte nello stesso modo, devono rimanere nelle loro famiglie anche se hanno qualche motivo per lasciarle, e, se ciò avviene, deve essere per un motivo accettabile per un certo tipo di mentalità massificata che grida contro la manipolazione mentale, ma che è il veicolo peggiore di essa.
Quello che è avvenuto in questi mesi è un esempio da manuale di manipolazione mentale operato dai media nei riguardi dei lettori e telespettatori che ancora si affidano a questi strumenti per aderire a idee e opinioni confezionate ad arte, senza fare mai uso del proprio senso critico.
La cosa peggiore di questo, e molti altri casi simili, è che la propaganda antisette, da decenni, si serve del dolore di genitori e figli, di mariti e mogli, di fratelli e sorelle, per usarlo come strumento di conferma della propria propaganda.
Nessun rispetto e attenzione per la scelta di due giovani, nessuna considerazione per i genitori preoccupati perché i propri figli hanno abbandonato la loro casa. Invece di cercare nelle "sette" la ragione di questo dolore, il rispetto e la condivisione della sofferenza di questi genitori avrebbe dovuto spingere gli autorevoli esperti a cercare più da vicino, dentro quelle famiglie, dove forse risiede la ragione della fuga dei due giovani, ma anche la possibilità del loro ritorno, nel momento in cui qualcuno si preoccuperà più delle persone coinvolte e meno delle proprie apparizioni televisive.
Il ritorno di giovani come questi (uno dei quali purtroppo ha scelto di porre fine alla sua vita) potrebbe essere possibile quando si ricostruirà quel legame familiare che si è spezzato per ragioni che, probabilmente, si trovano al suo interno. Ciò che conta è che i genitori, e i figli, riconoscano la dignità dell'altro e il suo diritto inalienabile ad autodeterminarsi. Se le scelte non sono condivise, l'affetto e il rispetto possono però rimanere, se nessuno cerca di soggiogare, ricattare o sfruttare l'altro.
Dinamiche purtroppo molto frequenti nelle famiglie di tutti i ceti sociali, dalle quali spesso qualcuno cerca di fuggire perché la parola "famiglia" ha perso ogni consistenza e valore. Il vero problema è questo, non le "sette".