Con questo tassello voglio ricordare un episodio che ritengo "storico" perchè è il primo tentativo di dialogo a distanza tra "fronti" opposti.
Siamo nel 2000, anno in cui ero ancora associata al GRIS, associazione cattolica la cui sigla "Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette", da qualche anno si è trasformata in "Gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa": un cambiamento non casuale che fa riflettere sul senso e le implicazioni insite nella parola "setta".
Il 27 Marzo del 2000, a dieci giorni dal massacro ugandese, fui intervistata dal giornalista del Corriere del Ticino Carlo Silini insieme a Massimo Introvigne, direttore del CESNUR, Centro Studi "indipendente da qualunque organizzazione religiosa o confessionale". Carlo Silini è uno dei pochissimi giornalisti seri e professionali che abbia mai incontrato.
Ricordo con piacere questa persona con la quale ho parlato al telefono e che mi è parsa subito degna di fiducia e sinceramente interessata a informare in modo corretto su una controversia difficile da comprendere per chi non è addetto ai lavori.
Devo dire che la mia esperienza con i giornalisti è stata, nella maggior parte dei casi, molto deludente. La maggior parte di loro tende a scrivere articoli che attirino e impressionino un pubblico a digiuno di informazioni, utilizza metafore vecchie e inconsistenti, induce al timore verso sette pericolose che fanno il lavaggio del cervello e diffonde un allarmismo che non giova a nessuno perchè è talmente fuori da ogni realtà che alla fine risulta perfino esilarante.
Un esempio recente di questa informazione spazzatura è l'articolo pubblicato il 16 maggio scorso su Repubblica intitolato "L'Italia delle psicosette" che mi è stato segnalato e che ho letto con difficoltà perchè, dopo le prime due righe, sono stata tentata di non andare oltre: un'accozzaglia di luoghi comuni ed espressioni colorite che preferisco non commentare per carità cristiana verso chi lo ha scritto e chi ne ha approvato la pubblicazione. Mi sembrerebbe di "sparare sulla Croce Rossa".
Di questa "informazione" sono piene le pagine web e quelle di testate giornalistiche prestigiose, nonchè trasmissioni televisive di reti pubbliche finanziate dai cittadini onesti che pagano il canone.
Siamo nel 2000, anno in cui ero ancora associata al GRIS, associazione cattolica la cui sigla "Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette", da qualche anno si è trasformata in "Gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa": un cambiamento non casuale che fa riflettere sul senso e le implicazioni insite nella parola "setta".
Il 27 Marzo del 2000, a dieci giorni dal massacro ugandese, fui intervistata dal giornalista del Corriere del Ticino Carlo Silini insieme a Massimo Introvigne, direttore del CESNUR, Centro Studi "indipendente da qualunque organizzazione religiosa o confessionale". Carlo Silini è uno dei pochissimi giornalisti seri e professionali che abbia mai incontrato.
Ricordo con piacere questa persona con la quale ho parlato al telefono e che mi è parsa subito degna di fiducia e sinceramente interessata a informare in modo corretto su una controversia difficile da comprendere per chi non è addetto ai lavori.
Devo dire che la mia esperienza con i giornalisti è stata, nella maggior parte dei casi, molto deludente. La maggior parte di loro tende a scrivere articoli che attirino e impressionino un pubblico a digiuno di informazioni, utilizza metafore vecchie e inconsistenti, induce al timore verso sette pericolose che fanno il lavaggio del cervello e diffonde un allarmismo che non giova a nessuno perchè è talmente fuori da ogni realtà che alla fine risulta perfino esilarante.
Un esempio recente di questa informazione spazzatura è l'articolo pubblicato il 16 maggio scorso su Repubblica intitolato "L'Italia delle psicosette" che mi è stato segnalato e che ho letto con difficoltà perchè, dopo le prime due righe, sono stata tentata di non andare oltre: un'accozzaglia di luoghi comuni ed espressioni colorite che preferisco non commentare per carità cristiana verso chi lo ha scritto e chi ne ha approvato la pubblicazione. Mi sembrerebbe di "sparare sulla Croce Rossa".
Di questa "informazione" sono piene le pagine web e quelle di testate giornalistiche prestigiose, nonchè trasmissioni televisive di reti pubbliche finanziate dai cittadini onesti che pagano il canone.
Chiudo subito questa parentesi spiacevole sul presente per tornare ai bei ricordi del passato.
Quando ho riletto la vecchia intervista di Carlo Silini, mi sono resa conto che non è affatto "vecchia" e che oggi, a otto anni di distanza, se qualcuno mi ponesse le stesse domande, tutto sommato, risponderei nello stesso modo, anche se le mie risposte si inquadrerebbero in una prospettiva diversa.
La diversità di prospettiva dipende dal percorso culturale e personale che ho compiuto in questi ultimi otto anni. Mentre allora i miei interessi erano prevalentemente di tipo "pastorale", nel tempo si sono orientati ad approfondire anche le modalità con cui il mondo della cultura laica (storia, sociologia e psicologia della religione) affronta il problema delle derive settarie e come gli esseri umani vivono la loro esperienza religiosa, indipendentemente da quale religione o spiritualità professino.
Fatta questa doverosa precisazione, gli stralci dell'intervista che riporto contribuiscono ad aggiungere un altro tassello a quel mosaico che sta pian piano prendendo forma.
Quell'intervista, infatti, è stata il primo tentativo di dialogo con un esponente del mondo dei sociologi ritenuti "difensori delle sette", quel genere di dialogo che Michael Langone da alcuni anni si sforza di proporre e realizzare, e di cui ho già parlato in questo blog.
Si trattava di un dialogo "a distanza" per mettere in evidenza le due diverse posizioni su alcuni temi di grande importanza.
Fu un'occasione interessante per mostrare chiaramente le diversità di vedute tra due mondi che possono, a mio avviso, coesistere e confrontarsi per studiare e affrontare il medesimo fenomeno.
Ecco le parti salienti dell' intervista, con la quale chiudo questo terzo tassello che, mi auguro, sia un ulteriore stimolo alla riflessione e un contributo alla diffusione di informazioni corrette e attendibili.
QUANTI LITIGI ATTORNO ALLE SETTE
Pagina di Carlo Silini
Gli specialisti divisi: chi studia in modo più scientifico il fenomeno?
CORRIERE DEL TICINO - LUNEDI' 27 MARZO 2000 - p.39
Pagina di Carlo Silini
Gli specialisti divisi: chi studia in modo più scientifico il fenomeno?
CORRIERE DEL TICINO - LUNEDI' 27 MARZO 2000 - p.39
E' possibile un approccio obiettivo al mondo della religiosità alternativa? Sociologi, gruppi scettici, centri di ricerca legati a religioni propongono letture tra loro diversissime.
Il 17 marzo scorso alcune centinaia di persone sono morte nel rogo di una chiesa in Uganda in quello che è stato presentato come un suicidio o massacro collettivo. E come sempre in questi casi una domanda è stata riproposta con forza: le sette sono pericolose? A leggere certi giornali si direbbe di sì. A sentire il parere degli esperti si direbbe: forse. Perché gli esperti, o quelli che noi definiamo tali, tra loro non sono molto d'accordo.
Ci sono organizzazioni legate alla Chiesa cattolica come il GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette) secondo le quali c'è setta e setta, molte sono innocue, alcune usano tecniche per manipolare i propri aderenti - ad esempio il lavaggio del cervello - che attentano ai diritti fondamentali della persona.
Ce ne sono altre, come il CESNUR (Centro Studi Nuove Religioni) - considerato un punto di riferimento, non solo in Italia, per la conoscenza della materia - che già contestano l'uso della parola «setta», perché ha una connotazione negativa, ritengono superati concetti quali il lavaggio del cervello e si mostrano prudenti nell'accogliere le testimonianze di ex-adepti a gruppi religiosi.
Chi ha ragione? Chi si occupa in modo più corretto, scientifico, di religiosità alternativa? Rispondere a questo interrogativo significa immergersi forzatamente in un mare di polemiche, a volte velenose, fra accademici. Noi preferiamo svelenirne i toni discutendo pacatamente con la dottoressa Raffaella di Marzio del GRIS e col direttore del CESNUR Massimo Introvigne.
RAFFAELLA DI MARZIO
"Io, cattolica, non sono contro le sette - Ma è giusto vigilare sui loro abusi"
"Io, cattolica, non sono contro le sette - Ma è giusto vigilare sui loro abusi"
Dottoressa Di Marzio, l'esperto svizzero Jean-François Mayer ha scritto che non si studiano impunemente le sette per anni, che se ne esce difficilmente indenni e con assai meno certezze rispetto alla partenza. Condivide questa affermazione?
"Sì. Quando ci si avvicina allo studio di questi movimenti, all'inizio si ritiene di comprendere tutto. Ma siccome questi movimenti sono costituiti da persone e le persone sono complesse, ci si rende anche conto che il proprio punto di vista non è sempre necessariamente quello giusto. D'altra parte lo studio di queste forme di religiosità coinvolge aspetti di tipo filosofico, psicologico, religioso e sociale talmente vasti che è molto difficile valutarli in maniera obiettiva, intendendo per obiettivo tutto ciò che è scientifico, cioè valutabile e misurabile. Lo studioso può rischiare sia di essere troppo coinvolto, sia di tentare di essere così obiettivo da non coinvolgersi affatto e quindi da non conoscere la realtà del movimento".
Da quali presupposti parte per la sua ricerca sulla religiosità alternativa?
"Poiché la mia attività è soprattutto quella di ascoltare le persone che si rivolgono a noi per chiedere aiuto, il mio presupposto è quello di verificare insieme a queste persone quali problemi dal punto di vista psicologico e sociale l'affiliazione di un membro comporta per il gruppo sociale ristretto della famiglia".
E dal punto di vista dottrinale invece, lei da che posizione parte?
"Sono cattolica e sono impegnata in un gruppo di ricerca il cui statuto è stato approvato dalla Conferenza episcopale italiana. Ma questo non significa che in quanto cattolica io necessariamente guardi ai nuovi movimenti con sospetto. L'insegnamento della Chiesa cattolica è molto fermo sul problema della libertà religiosa e ribadisce continuamente il diritto di tutti gli uomini ad essere liberi nella loro scelta religiosa. Per cui rispetto le nuove forme di religiosità. Soltanto nel momento in cui mi accorgo che con la scusa della religione possono essere esercitati abusi sulle persone mi sento coinvolta, non solo come cattolica, ma come persona, nel tentare di risolvere queste difficoltà, se possibile".
Nello studio delle nuove religiosità lei si basa di più sulle esperienze di osservazione partecipante (che consistono nella partecipazione dello studioso alla vita di un movimento), o sulle testimonianze di ex-adepti? E tiene conto di chi denuncia lavaggi del cervello all'interno di una setta?
"Per studiare le nuove religiosità bisogna utilizzare diverse metodiche. L'osservazione partecipante può essere valida se è effettuata in un lungo lasso di tempo e se non utilizzata come unica risorsa, perché molti movimenti si presentano agli studiosi che partecipano alle loro attività soltanto in una veste positiva. Allora è necessario ascoltare anche le persone che hanno fatto parte di questi gruppi e che possono provare che ci sono altre cose che i movimenti nascondono agli studiosi perché non sarebbe piacevole che questi poi scrivessero queste cose nei loro libri. Bisogna ascoltare sia gli uni che gli altri. Riguardo poi alla questione del lavaggio del cervello: all'interno di qualsiasi gruppo sociale ci sono metodiche per effettuare il controllo dei membri da parte del gruppo e da parte del leader. Questo avviene anche all'interno dei movimenti religiosi. L'entità del controllo sociale può essere variabile. In alcuni casi è molto blanda e lascia le persone libere, in altri è molto forte e condiziona pesantemente le persone".
[...]
Nello studio delle sette e poi nelle misure giuridiche nei loro confronti di che cosa bisogna tener conto?
"La nostra società dovrebbe imparare a mediare tra le libertà fondamentali dell'uomo: la libertà religiosa ma anche la libertà all'autodeterminazione del singolo, affinché la religione non diventi uno strumento di violazione delle coscienze nella libertà umana. Se gli studiosi riuscissero ad avviare un dialogo fruttuoso su questa finalità generale ne risentirebbe positivamente tutto l'ambiente. Anche i nuovi movimenti religiosi che non esercitano un controllo negativo sugli adepti. Mentre verrebbe reso evidente l'abuso che alcuni gruppi, anche se in numero limitato, compiono sui membri".
MASSIMO INTROVIGNE
"Gli approcci religionisti o ideologici però cadono fuori dalla scienza"
"Gli approcci religionisti o ideologici però cadono fuori dalla scienza"
Introvigne, da quali presupposti parte la sua ricerca sulla religiosità alternativa?
"Per uno studioso di scienze sociali si parla di un approccio che prescinde dai valori personali del ricercatore e cerca di descrivere una situazione senza partire né da una posizione dottrinale propria (per esempio il cattolicesimo), né da posizioni ideologiche (per esempio il laicismo). Questi due approcci di tipo "religionista" e "ideologico" hanno un loro campo legittimo di applicazione nell'opera dei polemisti, ma cadono al di fuori della scienza. La regola che le associazioni internazionali di sociologia delle religioni hanno sempre promosso è quella di una laicità della ricerca e di un agnosticismo metodologico".
E che spazio dovrebbero avere nella ricerca l'osservazione partecipante, la testimonianza di ex-membri e le considerazioni sui lavaggi del cervello?
"L'osservazione partecipante è una tecnica principe, ma non dispensa dall'esame dei
documenti e dalle interviste sia a membri, sia a ex-membri. Attenzione però: in genere per ex-membri l'opinione pubblica intende quelli che sono diventati oppositori del movimento, gli "apostati", in termini tecnici. Ma fra gli "ex" gli apostati sono una minoranza, dal 10 al 15 per cento. Il restante 85% non va a proporsi ai giornalisti o alle organizzazioni anti-sette, ma la ricerca deve scovarli perché hanno delle reazioni più miste. Ci diranno che nel movimento c'erano aspetti buoni e aspetti cattivi. È un errore metodologico tra i più gravi quello di scambiare l'ex-membro che si offre di sua iniziativa a giornali e studiosi come rappresentativo della maggioranza degli ex-membri".
E il lavaggio del cervello?
"È una nozione condivisa da una piccola ma combattiva minoranza di studiosi a livello
accademico e che è dichiarata non corrispondere a nessuna verità empirica dalla grande maggioranza degli studiosi di nuovi movimenti religiosi".
Non c'è il rischio che con un simile approccio al problema i gruppi come il CESNUR offrano un'immagine incompleta, snaturata, innocentista di queste realtà?
"Guardi, gli standard scientifici e metodologici del CESNUR sono gli stessi della maggior parte delle grandi organizzazioni internazionali di storia e di sociologia delle religioni".
E che valore hanno per lei i contributi di gruppi definiti "anti-sette" o "contro le sette"?
"Credo che siano potenzialmente interessanti, sia come oggetto di studio perché lo studioso deve considerare le critiche religioniste e laiciste ai movimenti religiosi. Sia perché non si può escludere che al loro interno ci siano persone di valore in grado di fare osservazioni interessanti".
Ma il dialogo fra studiosi resta difficile...
"Sì perché i movimenti anti-sette o contro le sette si sono accorti che un ostacolo ai loro progetti, soprattutto sul piano della traduzione in proposte di legge delle loro idee, è rappresentato dagli studiosi e in genere attaccano gli studiosi come apologisti delle sette".
[...]
3 commenti:
Sto seguendo con molto interesse i "tasselli" della dott. sa Di Marzio. Molto, molto interessanti.
Luca Poma
Dopo aver letto ciò che scrive Raffaella, provo soprattutto una grande gioia che scaturisce dal fatto di aver intravisto un chiarissimo percorso di presa di coscienza che si caraterizza da una grande voglia di comprendere sempre più. E ciò denota una grande apertura
da parte dell'autrice. Quando si abbandonano progressivamente eventuali pregiudizi o preconcetti
si aprono altre possibilità di comprensione.
Manifesto la mia disponibilità ad un eventuale incontro nella sede del nostro movimento religioso ( LECTORIUM ROSICRUCIANUM ) o ovunque vorrà.
Cordialmente.
Fabrizio Frassineti
0543-934721
335-7526786
La ringrazio per la disponibilità.
In base ai miei principi religiosi (nei quali credo fermamente e che cerco di mettere in pratica)anche il "peggiore" degli esseri umani ha la dignità e perciò il diritto di essere ascoltato.
Indipendentemente dalla diversità di fedi religiose o orientamenti filosofici credo che conoscere significhi innanzitutto mettersi in ascolto dell'altro.
Ascoltare non significa necessariamente condividere ciò in cui crede l'altro, significa rispettarlo.
Se io ascolto una persona la rendo consapevole del fatto che possiede la dignità, è degna di essere ascoltata.
Alcuni anni fa, pur convinta di questi principi, purtroppo non avevo percorso ancora quel tratto di strada necessario a comprendere l'importanza di metterli veramente in pratica.
A presto
Raffaella
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