Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato.
La cuoca della sua affittacamere, cioè della signora Grubach, che ogni mattino verso le otto gli portava la prima colazione, quel giorno non venne. Era la prima volta che una cosa simile capitava. K. aspettò un poco; col capo appoggiato al guanciale, notò che la vecchietta sua dirimpettaia lo osservava con una curiosità per lei del tutto inconsueta, ma poi, deluso ed affamato ad un tempo, si decise a suonare il campanello.
Subito bussarono alla porta, ed entrò un uomo che in quella casa K. non aveva mai visto prima. Era di corporatura snella, ma robusta, e portava un vestito nero ed attillato che, come certi abiti da viaggio, era munito di varie pieghe, tasche, fibbie, bottoni, e di una cintura, e che quindi aveva un aspetto particolarmente pratico, benché non si capisse bene a che cosa dovesse servire.
–Chi è lei?- chiese K., levandosi a sedere nel letto; ma l’uomo eluse la domanda, come se la sua venuta fosse una faccenda scontata…
Così ha inizio Il Processo di Franz Kafka.
Una mattina come tante altre il procuratore di banca K. riceve un strana notifica di arresto da parte di due signori. Pensa subito che si tratta di un errore e che è conveniente intervenire per risolvere lo spiacevole malinteso.
Ma quando il protagonista si addentra in questa vicenda si rende conto di quanto quell’accusa sia vera e di come sia impossibile arrivare ad una soluzione. Le aule di tribunale che si trova a frequentare sono irreali e claustrofobiche. In esse si respira un’aria torbida, afosa, fosca.
Questa misteriosa e gigantesca organizzazione giudiziaria, i cui uffici si trovano per lo più agli ultimi piani o nei solai di misere case, comincia a farlo sentire indifeso, fragile e infine colpevole.
K. non conosce il capo d’accusa e non lo conoscerà mai. Forse è ignoto persino al tribunale. Pian piano il protagonista non riesce più a vivere la sua vita, a pensare a se stesso, alle sue relazioni personali, alla sua carriera.
Intorno a K. ruotano personaggi misteriosi e bizzarri che non fanno altro che acuire il senso di disagio e di annichilimento cui porta il vortice della burocrazia. Il quadro che ne viene fuori è disperato e inquietante, assurdo e incomprensibile.
Fu pubblicato postumo nel 1925.
Kafka considera l’uomo sempre colpevole, condannato da una giustizia misteriosa, amministrata da una burocrazia sordida e meschina.
Si può essere perseguiti per una colpa non commessa e perfino ignorata?
Si può portare vergogna per essa?
Beffardo, enigmatico, asfissiante, misterioso sono solo alcuni degli aggettivi che mi vengono in mente. Saturo d’infelicità e di poesia.
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